Il COVID-19 ha messo a dura prova l’ascesa economica del continente africano, provocando conseguenze significative. Partendo da questo scenario negativo, molti paesi africani hanno saputo reinventarsi, generando opportunità per creare valore e trasformare allo stesso tempo l’economia.

di Alessandra Di Stefano

Sessant’uno anni fa 17 paesi africani ottenevano l’indipendenza dalle potenze coloniali. Si apriva un’epoca di speranze e attese nella quale le nuove democrazie africane si trovavano a fronteggiare enormi sfide sul piano economico, sociale e politico.
A distanza di sessant’anni la crescita dell’Africa appare disomogenea e altalenante e non ha portato a un vero decollo economico. Sebbene l’economia sia cresciuta, il divario con il resto del mondo è aumentato. Nel 1960 il reddito pro-capite africano era un terzo di quello globale ($131 su $453) mentre nel 2018 è circa un settimo ($1.586 contro $11.313).  Complessivamente, l’Indice di Sviluppo Umano è cresciuto del 25% dal 1991 al 2018: la povertà estrema è scesa al 42% dal 68% degli anni Novanta, l’aspettativa di vita è salita a 68 anni rispetto ai 43 del 1963 e il numero medio degli anni di scolarizzazione è passato da 1,4 anni dei primi anni Sessanta a 6,31. Progressi si sono registrati anche nella lotta alle malattie trasmissibili come HIV/AIDS, malaria e tubercolosi. Tuttavia, sul fonte politico la fine dell’era coloniale ha aperto le porte a nuovi conflitti e tensioni, tra cui l’ascesa del jihadismo subsahariano e le emergenze umanitarie innescate dai cambiamenti climatici.

Secondo molti analisti internazionali il ventunesimo secolo sarà il secolo dell’Africa. Nel 2050 il continente ospiterà 2,5 miliardi di persone, la metà delle quali saranno giovani sotto i 25 anni di età. Tra il 2000 e il 2016 l’Africa ha conosciuto una crescita media del 4,6% dovuta ai prezzi elevati delle materie prime, una migliore gestione macroeconomica, sgravi nel debito e, in alcuni paesi, strategie di diversificazione della crescita. Molti paesi hanno investito in infrastrutture pubbliche e alcuni hanno diversificato i propri partenariati commerciali, in particolare con Cina e India. Inoltre, nel 2018 la firma dell’Afcfta (African Continental Free Trade Area) ha creato l’area di libero mercato più grande al mondo con oltre 1,2 miliardi di persone. Nonostante il trend positivo, la crescita economica non è stata accompagnata dalla creazione di posti di lavoro di qualità e le disuguaglianze rimangono elevate. Quasi il 90% dei posti di lavoro in Africa subsahariana si colloca nel settore informale e il continente ospita il 70% dei poveri del mondo.

La crisi pandemica ha frenato la crescita. Nel 2021 l’Africa subsahariana sta uscendo dalla recessione, la prima negli ultimi 25 anni, ma la ripresa appare lenta e incerta. La Banca Mondiale stima che l’economia africana crescerà del 3,3% nel 2021 e sotto il 4 % tra il 2022 e il 2023. La ripresa nella regione è debole rispetto alle altre economie mondiali; l’UE crescerà del 4,8 % quest’anno e del 4,5 % nel 2022 mentre negli Stati Uniti la crescita sarà del 6% nel 2021 e del 5,2% nel 2022. La ripartenza delle economie più avanzate è da attribuire anche al ritmo delle campagne vaccinali. Infatti, se nel resto del mondo la popolazione vaccinata è del 50%, in Africa solo il 3,3% della popolazione risulta vaccinato. Mentre la prima e la seconda ondata hanno colpito il continente in maniera minore rispetto al resto del mondo, la terza ondata si è dimostrata più virulenta. L’assenza di reti di sicurezza sociale nella maggior parte dei paesi sta provocando ripercussioni significative sui gruppi più vulnerabili, come poveri, lavoratori informali, donne e giovani. Secondo le stime ufficiali, questa situazione farà precipitare quasi 40 milioni di persone nella povertà estrema.

Nonostante lo scenario poco gratificante, molti paesi africani hanno colto l’opportunità della crisi per promuovere riforme strutturali e macroeconomiche. Diversi paesi hanno intrapreso riforme difficili ma necessarie e, grazie a politiche monetarie e fiscali, il deficit di bilancio della regione, al 5,4% del PIL nel 2021, dovrebbe ridursi al 4,5% nel 2022. Il contesto unico dell’Africa – caratterizzato da basso sviluppo di base, vulnerabilità climatiche, accesso limitato all’energia e infrastrutture inadeguate – pone sfide ma offre anche opportunità per creare valore e trasformare l’economia. In Africa ci sono oltre 400 aziende che fatturano oltre 1 miliardo di dollari all’anno e crescono più velocemente delle altre. Sono numerosi gli esempi di giovani imprenditori africani che hanno creato imprese di successo in grado di rispondere ai bisogni reali della popolazione. Come il caso di Equity Bank in Kenya, che ha creato una rete di 30.000 piccole agenzie bancarie in tutto il paese e introdotto un sistema di mobile banking che ha sostituito le transazioni bancarie; oppure M-KOPA, che fornisce soluzioni per la generazione e lo stoccaggio di elettricità a energia solare alle famiglie che non hanno accesso alla rete. Il valore aggiunto di queste esperienze va individuato nel fatto che, di fronte agli alti livelli di povertà dell’Africa e alle sue lacune nelle infrastrutture e nell’istruzione, questi imprenditori non vedono solo ostacoli, ma vedono problemi di cui si sentono responsabili e che vogliono risolvere. Si sta facendo strada la convinzione che possa esserci un nuovo modello di sviluppo che nasce dalla creatività delle nuove generazioni, da un utilizzo sapiente delle nuove tecnologie e da una maggiore attenzione nei confronti del cambiamento climatico e della tutela dell’ambiente. La speranza è che l’Africa possa tradurre i progressi ottenuti in termini di conoscenza e tecnologia in mezzi di sussistenza dignitosi, inaugurando un’epoca di crescita e prosperità per tutta la regione.

1Africa’s path to 2063: Choice in the face of great transformation. Frederick S. Pardee Center for International Futures and Partnership for Africa’s Development