La pandemia di COVID-19 è ancora tra di noi. In alcuni paesi i contagi sono ormai stabili, in altri invece i numeri continuano ad aumentare per la difficile situazione socio-economica e sanitaria: l’Africa purtroppo è tra uno di questi.
La casa farmaceutica tedesca BioNTech, che ha sviluppato il primo vaccino ampiamente approvato contro il COVID-19 insieme a Pfizer, ha così condiviso i suoi piani futuri: stabilire in Africa impianti per la produzione delle dosi del vaccino anti COVID-19.
I moduli prefabbricati, chiamati BioNtainer, sono locali sterili dotati di tutto l’equipaggiamento per poter realizzare il vaccino. I primi paesi coinvolti in questo progetto saranno Ruanda e Senegal e gli impianti potrebbero essere facilmente ampliati in futuro per produrre farmaci per altre malattie come la malaria, il cancro e la tubercolosi. Ad oggi però l’obiettivo primario è permettere ad entrambi i paesi di produrre localmente fino a 50 milioni di dosi l’anno anti COVID-19.
“Nonostante gli sforzi per fornire milioni di dosi di vaccino Covid-19 all’Africa attraverso un meccanismo di donazione internazionale, solo l’11% circa della popolazione del continente ha ricevuto l’iniezione, rispetto alla media globale di circa il 50%. Si spera che questa iniziativa ampli la produzione di vaccini mRNA in Africa”.
Queste le parole di Michel Sidibe, inviato speciale dell’Unione africana per l’Agenzia Africana del Farmaco.
La nostra organizzazione fa parte di People’s Vaccine Alliance, un movimento che comprende circa 80 organizzazioni ed è supportata da esperti di salute, economisti, leader religiosi e attivisti che lavorano insieme per la disponibilità di vaccini anti-covid accessibile a tutti ovunque.
Ci auguriamo che il progetto avviato dall’azienda tedesca BioNTech nei paesi del continente africano permetta non solo di generare un cambiamento rivoluzionario nella scienza, ma anche di incentivare a una maggiore equità nell’assistenza sanitaria globale.
“Rimane una tragica diseguaglianza nella distribuzione globale dei vaccini”, ha dichiarato il capo dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus.
I vaccini COVID-19 impediranno alle persone di morire, impediranno l’emergere di nuove varianti, riaccenderanno le economie ponendo fine alla pandemia. Stiamo vivendo una crisi collettiva e questa necessita di una risposta collettiva. Potremmo dirci davvero fuori e al sicuro dal COVID-19 solo quando tutta la popolazione mondiale sarà vaccinata. Per far si che questo avvenga è evidente che I governi, gli scienziati e le aziende farmaceutiche di tutto il mondo debbano cooperare e unire le risorse per garantire che nessuno sia lasciato indietro.
Attualmente 1 persona su 4 nei Paesi ad alto reddito ha ricevuto un vaccino contro il coronavirus, rispetto all’1 su 500 nei Paesi a basso reddito, questo è ciò che emerge dai dati che tracciano le vaccinazioni somministrate per Paese: https://ourworldindata.org/covid-vaccinations
Noi come Humana People to People, aderendo al movimento People’s Vaccine Alliance, chiediamo che i brevetti siano sospesi così che la conoscenza tecnologica possa essere condivisa liberamente e apertamente. In questo modo sarà possibile per tutti i paesi garantire ai loro cittadini trattamenti e attrezzature adeguate per combattere il COVID-19.
Unisciti a noi e partecipa attivamente alla campagna, firma la petizione che chiede di mettere la salute pubblica davanti alle logiche del profitto dei privati.
Questa situazione ci ricorda come le diseguaglianze socio economiche abbiano un impatto su tutti noi. In questo caso le dinamiche economiche che sottostanno alla compravendita dei vaccini anti COVID-19 tra governi e case farmaceutiche sta danneggiando tutti. Stiamo andando incontro ad una crisi economica globale mai vista. E noi non ce la sentiamo di restare seduti a guardare.
Alziamoci e facciamoci sentire.
firma la petizione! https://secure.avaaz.org/campaign/en/peoples_vaccine_2021_loc/
Il diritto alla salute appartiene ad ogni persona, a prescindere da chi sia, da dove viva o da quanti soldi abbia. Ora che i vaccini anti COVID-19 sono stati autorizzati, devono essere messi a disposizione dei cittadini. In tutti i paesi. Gratuitamente. Questo deve essere un vaccino per tutti.
Il vaccino anti COVID-19 non può rappresentare un business, vi deve essere un cambiamento di prospettiva. Gli Stati e le grandi case farmaceutiche, non possono avere come obbiettivo il profitto: produrre il vaccino significa poter salvare o meno delle vite umane. La diseguaglianza politica, sociale ed economica che caratterizza le dinamiche internazionali non può essere determinante nella lotta contro il COVID-19.
“Il vaccino anti COVID-19 deve essere visto come un bene pubblico globale, un vaccino per tutti” a detto il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres il 4 giugno 2020, in occasione del Global Vaccine Summit. Egli afferma che bisogna rendere il vaccino un bene pubblico e non un’impresa a scopo di lucro. Durante il summit ha così condiviso la sua preoccupazione in merito al diritto di garantire a tutta la popolazione mondiale di essere difesa dal virus.
Humana People to People si è unita a The People’s Vaccine Alliance, un movimento in crescita che chiede che il vaccino anti COVID-19 sia trattato come un bene pubblico e non per profitto. La People’s Vaccine Alliance è una coalizione di organizzazioni di cui fanno parte, tra le altre, Amnesty, Free the Vaccine, Frontline AIDS, Global Justice Now , Oxfam, Public Citizen, SumOfUs, Tearfund, UNAIDS e Yunus Centre. La solidarietà condivisa tra queste organizzazioni sanitarie e umanitarie progressiste è incentrata sull’esortazione allo sviluppo di vaccini sicuri ed efficaci, alla loro produzione rapida su larga scala e sulla messa a disposizione di questi per più persone possibili e nei diversi Paesi, gratuitamente.
Questo prevede che i vaccini siano prodotti e distribuiti condividendo brevetti e conoscenze, così che siano facilmente e velocemente replicabili in modo sicuro. Le grandi case farmaceutiche stanno invece proteggendo i loro monopoli e creando barriere per limitarne la produzione e aumentare i prezzi, lasciando la maggior parte dei Paesi meno avanzati in pericolo. Nessuna azienda può produrre abbastanza per il mondo intero. Finché le soluzioni di vaccino sono tenute sotto chiave, non ci saranno abbastanza dosi per poter garantire a tutti una vita in sicurezza dal virus. Abbiamo bisogno di un vaccino popolare, non di un vaccino che arricchisca chi è già ricco. Potenze economiche emergenti come la Cina e l’India stanno già iniziando a donare alcuni dei loro vaccini anti COVID-19 ai Paesi meno sviluppati dell’Asia, Africa, Sud e America Centrale.
Humana People to People sostiene la People’s Vaccine Alliance nel chiedere ai governi dei primi Paesi del mondo e alle grandi aziende farmaceutiche che detengono di garantire che i vaccini anti COVID-19 siano forniti gratuitamente a tutti.
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Un miliardo e trecento milioni di persone, quasi un quinto dell’umanità, vive in Africa. Eppure al 15 marzo i casi accertati di COVID19 in Africa sono circa 250 dei quali la maggior parte in paesi nordafricani. Di fatti, la mappa interattiva dell’epidemia costantemente aggiornata dalla John Hopkins University mostra grandi focolai dell’epidemia ovunque eccetto che nell’Africa Sub-sahariana. E questo nonostante gli intensissimi scambi con la Cina.
Come si spiega questo fatto?
L’epidemia potrebbe essere sottovalutata: in tutto il continente, riferisce l’OMS, sono stati fatti solo 400 test a fronte di poche migliaia di tamponi disponibili. Ma Salim Abdool Karim, direttore del Centre for the AIDS Program of Research in South Africa, osserva che per ora non c’è stato un aumento di ospedalizzazioni dovute a difficoltà respiratorie acute. Pertanto, dice Karim “sono ragionevolmente sicuro che per ora il virus non abbia una diffusione ampia”. Ma è solo una questione di tempo. Secondo Karim “è inevitabile che anche in Africa ci sarà una forte epidemia”.
E a soffrirne sarà la parte più vulnerabile della popolazione, che si sposta per andare a lavorare utilizzando affollatissimi minibus e vive ammassata in piccole abitazioni che si trovano in quartieri insalubri o aree rurali prive di acqua potabile e servizi igienici. A mitigare gli effetti dell’epidemia potrebbe essere la bassissima età media: solo il 3% degli africani ha più di 65 anni a fronte del 30% degli italiani e del 12% dei cinesi. Ma l’impatto globale dell’epidemia in Africa potrebbe essere comunque devastante a causa dell’inadeguatezza delle strutture sanitarie e della debolezza immunitaria di popolazione che sono già duramente colpite dalle epidemie di HIV, tubercolosi e malaria. Secondo Ifedayo Adetifa, epidemiologo clinico del KEMRI-Wellcome Trust Research Program “in assenza di accesso universale ai servizi sanitari, l’Africa semplicemente non avrà la possibilità di curare i casi di COVID19 più gravi”.
Contro l’epidemia Coronavirus, la cooperazione internazionale supera i vecchi schemi e diventa orizzontale. La Cina, che nelle sue aree più povere ospita numerosi programmi di cooperazione internazionale europei, diventa attore di cooperazione verso l’Italia per la lotta al nuovo Coronavirus.
Il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha detto all’agenzia Xinhua che “il virus non conosce confini ed è un nemico comune di tutta l’umanità”.
“L’Italia” ha dichiarato Wang “ci ha aiutato nelle fasi più dure di lotta al virus e ora il popolo cinese vuole stare saldamente al fianco di quello italiano”. Nelle ultime due settimane le videoconferenze tra medici cinesi ed italiani sono state frequenti, entro questo fine settimana la Cina invierà in Italia 5 medici specializzati nella lotta al virus, un membro della Croce Rossa di Pechino, un esperto di prevenzione, 1.000 respiratori e altre attrezzature mediche. Agli aiuti offerti dal Governo cinese per gli italiani, si aggiungeranno quelli dell’amministrazione della Provincia dello Zhejiang per i 300.000 cinesi emigrati in Italia, che riceveranno equipaggiamenti per la prevenzione come guanti in lattice e mascherine.
HUMANA People to People, presente in Cina da 10 anni, è uno degli enti di cooperazione internazionale più attivo nelle aree povere del paese asiatico. A lato di programmi per il reinserimento scolastico e lo sviluppo agricolo, HUMANA è impegnata anche nella lotta contro le epidemie. Li Jiancai, project manager di HUMANA nella provincia dello Yunnan, ha spiegato che la chiave del successo di questi programmi, oltre la lunga esperienza nella lotta alle epidemie sviluppata in Africa, è la sinergia con la società civile e soprattutto con le Federazioni di donne locali. Nei programmi contro HIV e Tubercolosi applicati da HUMANA in Cina tutti gli “ufficiali di campo” assunti sono donne, e questa è una grande sfida culturale in aree dove prevale una visione tradizionalista del ruolo della donna, che tende a essere timida e ritirata.