Mancano pochi giorni alla COP26: la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L’incontro avrà inizio il 31 ottobre a Glasgow e riunirà tutti i principali leader mondiali per valutare le misure adottate dai diversi Stati membri per ridurre le emission di gas serra. Tra le varie organizzazioni non governative che potranno partecipare in qualità di osservatrici, ci sarà anche la Federazione Humana People to People, per rappresentare quelle comunità che hanno meno contribuito al cambiamento climatico ma ne stanno pagando il prezzo più alto.

di Federico Turchetti

Mancano pochi giorni all’inizio della COP26 di Glasgow, la ventiseiesima Conference of the Parties della United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) che si terrà nella città scozzese dal 31 ottobre al 12 novembre 2021. Tra le organizzazioni non governative che parteciperanno in qualità di osservatrici ci sarà anche la Federazione Humana People to People.

La COP di quest’anno sarà ospitata e organizzata dal governo britannico, in collaborazione con quello italiano, e formalmente rappresenta il rinvio dell’edizione che si sarebbe dovuta tenere nel novembre 2020. Nell’ambito della UNFCCC, nota in italiano come Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite e approvata nel corso del Summit della Terra di Rio de Janeiro del 1992, la COP si riunisce ogni anno in Germania o in località proposte dai suoi membri, a meno che questi non decidano altrimenti come avvenuto l’anno scorso a causa delle difficoltà logistiche e organizzative poste dalla pandemia di COVID-19. La COP costituisce il più importante organo decisionale della UNFCCC nonché l’occasione in cui i suoi 197 membri (196 Paesi e l’Unione Europea) revisionano e prendono formalmente decisioni riguardo alla sua implementazione. Dal momento che l’obiettivo principale della Convenzione quadro è quello di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera ad un livello tale da prevenire pericolose interferenze antropogeniche con il sistema climatico, un compito fondamentale della COP è quello di revisionare le comunicazioni nazionali e gli inventari delle emissioni di gas serra presentati dai suoi membri. Alla luce di quanto emerge da questo esercizio, la COP è così in grado di valutare l’effetto delle misure adottate dai diversi Stati membri e di tener traccia del progresso verso gli obiettivi stabiliti dalla comunità internazionale.

Nel corso dei ventisei anni che vanno dalla prima COP tenutasi a Berlino nel marzo 1995 ad oggi, sono stati raggiunti degli importanti obiettivi in termini di impegni vincolanti formalizzati in trattati internazionali. I due trattati internazionali principali prodotti nell’ambito delle COP sono il Protocollo di Kyoto del 1997 (COP3) e l’Accordo di Parigi del 2015 (COP21). Quest’ultimo, adottato da 196 membri della UNFCCC ed entrato in vigore il 4 novembre 2016, ha tra gli obiettivi quello di mantenere l’aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli pre-industriali (periodo che va dal 1850 al 1900) ben al di sotto dei 2°C, e idealmente di limitare questo aumento medio delle temperature a 1,5°C, considerato questo il limite desiderabile in grado di prevenire gli effetti più negativi del cambiamento climatico.

Come recentemente ribadito da Alok Sharma, membro del Parlamento britannico e presidente della COP26, la conferenza di Glasgow avrà un compito ancor più difficile di quello della COP21. Se infatti l’Accordo di Parigi ha rappresentato un’importantissima svolta in termini di impegni di carattere generale presi dai membri della UNFCCC (dimostrata ad esempio dalle Intended Nationally Determined Contributions – INDC dichiarate nella fase preparatoria della COP21 e dal successivo impegno di dichiarare le NDC future), molte delle questioni e dei dettagli più difficili sono stati lasciati a negoziazioni future. Inoltre, le NDC dichiarate dall’Accordo di Parigi ad oggi non sono considerate sufficientemente ambiziose per prevenire un innalzamento delle temperature maggiore di 1,5°C e il panorama geopolitico è profondamento cambiato sia a causa della pandemia sia a causa dei rapporti non certo idilliaci tra la nuova amministrazione americana e la Cina. È anche importante tenere a mente che le numerose problematiche che la COP26 dovrà cercare di risolvere non riguardano solamente la componente di mitigazione del cambiamento climatico (ovvero ridurre le emissioni antropogeniche di gas serra, o aumentarne l’assorbimento, al fine di limitare il riscaldamento globale), ma includono la necessità di prendere concreti e ambiziosi impegni per migliorare le capacità di adattamento agli effetti del cambiamento climatico in corso, una necessità già affrontata dall’Accordo di Parigi del 2015 e che dovrà essere adeguatamente considerata a Glasgow.

È soprattutto intorno alla questione del rafforzamento delle capacità di adattamento delle comunità più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico che si concentrerà la partecipazione della Federazione Humana People to People alla COP26. Negli ultimi anni i membri della Federazione si sono infatti concentrati molto su progetti in grado di rendere le comunità locali di diversi Paesi in Via di Sviluppo (Angola, Namibia, Zimbabwe, Mozambico, Guinea-Bissau e altri) più resilienti agli effetti negativi del cambiamento climatico, i quali danneggiano in particolar modo il settore agricolo e gli agricoltori su piccola scala. Fortunatamente questo tema è riconosciuto come fondamentale dal governo britannico e sarà un elemento di spicco della COP26. Per Humana People to People, la conferenza sarà quindi un’occasione per incontrare diverse istituzioni e donatori internazionali con i quali collabora (Adaptation Fund, Green Climate Fund, Unione Europea, Sahara and Sahel Observatory ecc.) e soprattutto per rappresentare al meglio le istanze di quelle comunità che hanno contribuito meno al cambiamento climatico ma ne stanno pagando il prezzo più alto.

Letture consigliate:

  1. Climate Change. A very short introduction (4th edition), Mark Maslin, Oxford University Press 2021.
  2. https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/ù
  3. https://unfccc.int/topics/adaptation-and-resilience/the-big-picture/what-do-adaptation-to-climate-change-and-climate-resilience-mean#eq-1
  4. https://openknowledge.worldbank.org/bitstream/handle/10986/36332/9781464818059.pdf?sequence=10&isAllowed=y
  5. https://www.undp.org/sites/g/files/zskgke326/files/undp/library/Climate%20and%20Disaster%20Resilience/Climate%20Change/CCA-Africa-Final.pdf
  6. https://www.adaptation-fund.org/project/angola-and-namibia-resilience-building-as-climate-change-adaptation-in-drought-struck-south-western-african-communities/